L’Italia e la filiera del riccio di mare

Il mercato delle gonadi di riccio di mare è sviluppato nei mari delle regioni più temperate. Le specie che vengono raccolte sono diverse a seconda delle zone d’origine, degli habitat, e si distinguono per  particolari caratteristiche biologiche: avremo ad esempio il Paracentrotus lividus – tipico del mar Mediterraneo – o lo Strongylocentrus droebachiensis – presente lungo le coste del Nord America. Com’è possibile notare (Figura 1), negli ultimi sessant’anni la raccolta mondiale di riccio di mare ha seguito due andamenti differenti: crescente fino al 1995 – anno di massima raccolta – per poi segnare successivamente una costante -seppur più lieve- diminuzione. Secondo i dati FAO elaborati dal database “FishStatJ”, il raccolto mondiale di riccio di mare nel 2018 è stato pari a 62.828 tonnellate. 

Figura 1. Produzione (raccolta) mondiale di riccio di mare dal 1950 al 2018 in migliaia di tonnellate. Fonte: autori, elaborando i dati disponibili dal database FishStatJ, 2021.

Il Cile è il principale paese produttore di riccio di mare e soddisfa circa la metà della fornitura mondiale di tale prodotto, con una quota significativa di mercato pari a 30.446 tonnellate raccolte nel 2018.  Per quanto riguarda il mercato europeo, i principali Paesi produttori di riccio di mare sono l’Islanda, la Spagna, la Francia e l’Italia. Nel nostro Paese il consumo di P. lividus è molto diffuso come ingrediente utile per condire pasta, pizza e altri piatti tipici della cucina mediterranea. Pertanto, l’Italia è uno dei principali consumatori europei di riccio di mare con circa 2.000 tonnellate di prodotto consumato ogni anno. 

Le Regioni maggiormente attive nella raccolta di P. lividus sono la Puglia, la Sicilia e la Sardegna. Nello specifico, in Sardegna il consumo annuo di ricci di mare è di circa 1.888 tonnellate per un valore lordo di circa 10 milioni di euro. Considerato che l’isola conta circa 1,7 milioni di abitanti, il consumo medio annuo pro-capite (senza tener conto dei turisti!) è pari a 1,1 kg di prodotto. Per far fronte alla crescente domanda di ricci di mare, anche le tecniche di raccolta sono mutate nel corso degli anni. Infatti, la tradizionale pesca con la canna ha gradualmente lasciato spazio alla raccolta attraverso immersioni subacquee composte da 2-3 membri per equipaggio.

Poiché il riccio di mare è un prodotto di nicchia dall’alto valore commerciale, è spesso soggetto a fenomeni di attività di raccolta non autorizzata, specialmente lungo le coste sarde. Pertanto, la Regione Sardegna – oltre a norme comunitarie già esistenti in materia – ha adottato negli ultimi anni diversi provvedimenti atti a tutelare la specie e l’ecosistema. Nello specifico, la Giunta regionale ha limitato il numero di aziende autorizzate alla cattura di ricci di mare – circa 200 in totale – ed ha imposto per ogni attività un numero massimo di ricci di mare catturabili, pari a 1500 unità al giorno. 

Un altro aspetto interessante della filiera italiana di riccio di mare è dato dalla produzione domestica che ammonta a (solo) circa 107 tonnellate l’anno. Per soddisfare la crescente domanda interna, l’Italia importa quote significative di prodotto dall’estero, soprattutto durante la stagione estiva. Per tali motivi, il nostro Paese importa ricci di mare raccolti in Canada – con una quota delle importazioni che è aumentata del 294% negli ultimi anni – dal Cile o da altri partner commerciali europei come Francia e Spagna.

A seconda del Paese di provenienza del prodotto, il riccio di mare viene importato secondo diverse modalità: vivo, fresco, refrigerato, congelato o in salamoia. Di conseguenza, il valore che il prodotto assume dipende proprio dallo stato conservativo e da altri fattori come il volume delle importazioni e le modalità di lavorazione e conservazione. I ricci di mare vivi sono considerati i migliori sul mercato e il loro prezzo è condizionato anche da altri aspetti importanti: qualità, provenienza, specie e proprietà organolettiche delle gonadi. Successivamente, dopo che la merce è giunta in Italia, viene lavorata da aziende nazionali – soprattutto imprese a gestione familiare – che hanno il compito di effettuare controlli di qualità, garantendo così prestigio al prodotto e aumentandone il premium price. Inoltre, il prodotto può subire specifiche procedure di lavorazione. Ad esempio, le gonadi possono essere congelate così da prolungarne lo stato conservativo. Tuttavia, questa pratica riduce la qualità della merce, che infatti rischia di essere perforata dai cristalli di ghiaccio, provocando così la perdita di sapore e di qualità tipica del riccio di mare. Le parti edibili congelate vengono confezionate in contenitori di plastica e conservate ad una temperatura di -17 °C (Figura 2). I ricci di mare congelati sono generalmente destinati alla vendita al dettaglio, mentre solo una piccola quantità per la ristorazione.

Figura 2. Gonadi di riccio di mare congelate.                                                                                    

Esistono anche altre modalità di lavorazione del prodotto, come la realizzazione di polpa di riccio di mare (Figura 3) o gonadi che vengono vendute essiccate, in salamoia o salate. Quest’ultima procedura consiste nel lasciare riposare i ricci di mare su graticci – permettendo così al sale di assorbire l’acqua in eccesso – per poi essere confezionati. La quantità di sale per conservare questo prodotto è di circa il 25% del peso totale del prodotto stesso. 

Figura 3. Polpa di riccio di mare.    

Infine, una volta che il prodotto è stato immesso sul mercato, il consumatore può acquistarlo da appositi canali come la grande distribuzione organizzata (GDO) di supermercati e ipermercati, dalla vendita al dettaglio o da servizi di ristorazione.

Referenze bibliografiche:
– AAFC, 2016. Market Access Secretariat Global Analysis Report: Sector Trend Analysis, Japan, The Fish and Seafood Trade produced by Agriculture and Agri-Food Canada. Agriculture and Agri-Food Canada.

– Carboni, S., Addis, P., Cau, A., Atach, T., 2012. Aquaculture could enhance Mediterranean Sea Urchin fishery, expand supply. Global Aquaculture Advocate, 15, 44-45.

– Carboni, S., Hughs, A., Atach, T., Tocher, D., Migaud, H., 2013. Fatty acid profiles during gametogenesis in sea urchin (Paracentrotus lividus): effects of dietary inputs on gonad, egg and embryo profiles. Comparative Biochemistry and Physiology Part A: Molecular and Integrative Physiology, 376-382.

– FishStatJ, 2020. Software for Fishery and Aquaculture. Statistical Time Series. Food and Agriculture Organization of the United Nations: Fishery Division.

– Furesi, R., Madau, F., Pulina, P., Sai, R., Pinna, M., and Pais, A., 2016. Profitability and sustainability of edible sea urchin fishery in Sardinia (Italy). J. Coast Conserv, 299-306

Si ringrazia Federico Zilia per la realizzazione dell’articolo e le immagini, Marcello Turconi per la revisione e l’organizzazione editoriale.